La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 32525/2018, ha stabilito che il padre che interrompe i rapporti con la figlia minore, rifiutandosi di rispettare il diritto di visita con incontri in presenza di terzi, così come regolamentato dal giudice, perde la potestà genitoriale in quanto con tale comportamento – che evidenzia una scarsa considerazione del ruolo genitoriale medesimo – pregiudica il minore.
Nella fattispecie un padre aveva presentato ricorso contro il provvedimento di decadenza dalla potestà genitoriale sulla figlia, affidata, dunque, in via esclusiva alla madre.
Nel merito era stato appurato il totale disinteresse dell’uomo nei confronti della minore, manifestatosi con l’interruzione di ogni rapporto con la stessa stante il proprio rifiuto a sottostare alla regolamentazione degli incontri disposti dall’autorità giudiziaria.
In Cassazione l’uomo lamenta che il provvedimento impugnato non abbia tenuto in debita considerazione le proprie ragioni e la sua attuale capacità genitoriale al fine della ripresa del rapporto con la figlia.
Secondo la Suprema Corte, invece, il giudice di merito ha motivato sul punto, affermando che le ragioni del padre volte a giustificare l’interruzione degli incontri – previsti alla presenza di terzi – erano incentrate sulla “volontà di voler salvaguardare la propria dignità di uomo e di padre” anteponendo così orgogliosamente la propria dignità alla necessità di coltivare i rapporti con la figlia.
Secondo gli Ermellini, infine, è irrilevante che la minore dodicenne non sia stata sentita in sede di reclamo in quanto la Corte d’Appello non è obbligata dalla legge a procedere all’audizione.