Si segnala l’ordinanza n. 9294/2018 della Corte di Cassazione che ha ritenuto giustificato un assegno di mantenimento elevato in favore della ex moglie separata, lavoratrice precaria, stante la capacità reddituale del marito professionista con oltre vent’anni di esperienza.
Quest’ultimo aveva presentato ricorso contro la decisione della Corte d’Appello che aveva confermato la separazione tra i coniugi e l’assegno di mantenimento in favore della moglie stante la disparità reddituale tra gli ex coniugi e il diritto della donna a mantenere l’elevato tenore di vita goduto durante la convivenza.
Secondo il ricorrente la Corte nella decisione non avrebbe tenuto conto della sostanziale equivalenza dei redditi dei coniugi avuto riguardo da una parte alla drastica contrazione subita dai propri redditi per la perdita di un incarico presso un Ente pubblico, oltre che degli oneri per il mantenimento di un altro figlio e, dall’altra, della capacità reddituale della moglie, titolare di proventi tali da potersi mantenere autonomamente e di reddito da lavoro dipendente, tanto da avere una donna delle pulizie, nonché assegnataria della casa familiare.
Il ricorrente sostiene che il mantenimento del tenore di vita costituirebbe un obiettivo tendenziale nei limiti, dunque, consentiti dalle condizioni economiche dell’obbligato.
La Suprema Corte rammenta, invece, che con la separazione gli obblighi di assistenza materiale non vengono meno e si esplicano nel riconoscimento di un assegno di mantenimento in favore del coniuge, al quale non sia addebitabile la separazione, quando lo stesso si trovi in una posizione economica deteriore e non sia in grado, con i propri redditi, di mantenere un tenore di vita consentito dalle possibilità economiche di entrambi.
Si deve quindi accertare il tenore di vita goduto durante il matrimonio, verificare se i mezzi economici a disposizione del coniuge gli permettano di conservarlo indipendentemente dalla percezione di detto assegno e, in caso negativo, procedere alla comparazione dei mezzi economici a disposizione di ciascun coniuge al momento della separazione.
Spetta, pertanto, al giudice di merito valutare le risorse dei due coniugi per stabilire se e in quale misura l’uno debba integrare i redditi dell’altro, ricostruendo le complessive situazioni patrimoniali e reddituali.
La Corte d’Appello ha valutato i redditi del marito rilevando, “al di là di quanto formalmente dichiarato al fisco“, una notevole capacità reddituale sia per competenze professionali specifiche (commercialista da più di venti anni) che per la partecipazione all’organizzazione di corsi di formazione professionale.
Quanto alla moglie dipendente precaria, la Corte ha ritenuto evidente la differenza di reddito con il marito, pur considerando il godimento della casa familiare da parte della stessa, precisando che la collaborazione di una domestica per alcune ore alla settimana non è decisiva, specie tenendo presente che i redditi della moglie sono integrati dall’assegno di mantenimento del marito.